La Recensione Di
The Curse of Monkey Island

Riuscirà Guybrush, in questo nuovo cartoonesco capitolo, a chiedere la mano di Elaine, prima che l'ennesima resurrezione di LeChuck glielo impedisca?

Data di Uscita
  • 31 ottobre 1997
Pubblicato Da
Sviluppato Da
Piattaforme
Giocato Su
Generi

Pro


Stile grafico innovato e piacevole Doppiaggio superlativo Musiche immersive Torna il "duello ad insulti"!

Contro


Assenza di continuità con il secondo capitolo Interazione con l'ambiente leggermente meno intuitiva
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Mission Impossible: innovare la perfezione

Quando si parla di titoli controversi, The Curse of Monkey Island è uno di quelli. Abbiamo visto (leggete le mie altre recensioni di The Secret of Monkey Island e Monkey Island 2: LeChuck's Revenge) come i precedenti capitoli di questa saga siano stati caratterizzati da rigorosa continuità secondo tutti i punti di vista. Gli anni passati tra l'uscita del secondo episodio e questo, segnano invece un cambiamento storico sia nella concezione del gioco, sia nel team di sviluppo che lo ha creato. Di coloro che hanno attivamente contribuito al successo di Monkey Island nei primi anni ‘90, rimane solo il leggendario compositore della colonna sonora, ovvero Michael Land. È subito dopo l'uscita di LeChuck's Revenge che Lucasfilm Games cede il passo a LucasArts, e vede l'uscita dello storico sviluppatore e ideatore della saga Ron Gilbert e dei suoi due compagni di viaggio Dave Grossman e Tim Schafer. Al loro posto, il duo Larry Ahern/Jonathan Ackley, già in forza al team LucasArts ma stavolta al timone di questo nuovo e ambizioso progetto.
Come vedremo, la dipartita di Ron Gilbert costringe la software house a rivedere i piani di svolgimento della trama, che subisce una brusca interruzione proprio sul controverso finale del secondo capitolo, al quale i nuovi sviluppatori e sceneggiatori daranno una spiegazione plausibile ma sicuramente diversa da quelle che erano le iniziali intenzioni del creatore dei primi 2 episodi. Inoltre, essendo passati ormai ben 6 anni, il progresso tecnologico ha dato nuovi spunti all'azienda di papà George Lucas, la quale innoverà sia il motore grafico che quello sonoro, facendo un enorme passo in avanti, ma contemporaneamente deludendo alcuni fan di vecchia data, che si aspettavano un certo “conservatorismo” e una forma di rispetto nei confronti dell'eredità lasciata dai due episodi precedenti.

Guybrush e i futuri membri del suo equipaggio!

Lo “spiegone” (?)

Per fortuna, nonostante l'enorme cambiamento dal punto di vista puramente tecnico, i cuori pulsanti della saga, ovvero i personaggi, vengono mantenuti (alcuni anche innovati) e inseriti in questa nuova avventura. In questo seguito canonico ma alternativo, Guybrush proporrà finalmente ad Elaine il matrimonio, poco dopo essere sopravvissuta ad una battaglia navale con il redivivo LeChuck, il quale cesserà di essere uno zombie putrefatto e risorgerà per l'ennesima volta, in forma però demoniaca. Tuttavia, l'anello che Guybrush regala ad Elaine, trovato nella stiva della nave pirata di LeChuck, sembra essere maledetto, e trasforma l'ex governatrice Marley in una statua d'oro. Rapita da alcuni contrabbandieri, il nostro eroe dovrà prima recuperare la sua amata, e poi trovare il modo di invertire la maledizione e sconfiggere LeChuck, intenzionato ad uccidere Guybrush per poter finalmente chiedere la mano di Elaine e portarla nel regno dei non morti come sua legittima consorte.
Diversamente da quanto visto negli altri capitoli, il filo conduttore di questa nuova avventura non è un tesoro da trovare, un segreto da rivelare, ma tutto ruota intorno all'eterna lotta tra Guybrush e LeChuck per l'amore di Elaine Marley. Inoltre, come già premesso, quella che sembra essere la spiegazione di quanto avvenuto alla fine del secondo episodio, viene data dallo stesso LeChuck in un lungo dialogo con l'imprigionato Guybrush nel capitolo “Il bacio della scimmia-ragno”, nel quale il demone chiarisce il significato del tesoro di Big Whoop e tenta di “chiudere il cerchio” alla questione, accontentando solo parzialmente gli appassionati della saga. Non espliciterò il contenuto di questo dialogo per permettere a chiunque di godere del gameplay e della spiegazione proposta dagli sviluppatori di questo capitolo.

Pappapishu!

Stai a vedere come ti sconvolgo la saga…

Tecnicamente parlando, c'è moltissimo da dire. Terminata l'epoca MS-DOS, in casa LucasArts si pensa ad un capitolo per sistemi Windows, e quindi si pone la necessità di innovare e implementare qualcosa che sia al passo con i tempi. Quello che nasce è uno "SCUMM 2.0, con un'interfaccia totalmente diversa: eliminati i verbi e lo spazio per l'inventario, ora è possibile interagire con l'ambiente tenendo premuto il pulsante sinistro del mouse e selezionando da un doblone le 3 possibili azioni, ovvero prendere, esaminare o parlare con (formula già sperimentata in Full Throttle). L'inventario è invece interagibile tramite click con il pulsante destro del mouse.
Dal punto di vista grafico, si passa dalla pixel art, ad uno stile di “animazione tradizionale”, molto cartoonoso e al limite del caricaturale, con personaggi grandi, molti colori, e tantissimi dettagli. L'impatto visivo è esaltante e rispecchia il trend delle avventure grafiche del periodo, come Hollywood Monsters o Tony Tough in the Night of Roasted Moths, ma soprattutto in tempi recenti motivo di delusione per una gran fetta di pubblico, legata inesorabilmente a quella grafica pixelosa che ha contraddistinto quelli che ancora oggi vengono ricordati come i migliori capitoli della saga di Monkey Island.
Per quanto riguarda il sonoro, è inutile esaltare le ormai collaudate doti del fidato Michael Land, che porta ancora una colonna sonora straordinariamente variegata e adatta ad ogni ambiente e ad ogni situazione in-game. Quello che invece va assolutamente sottolineato, è l'introduzione del doppiaggio dei personaggi: sento di poter dire che quello fatto con The Curse of Monkey Island è stato veramente un eccellente lavoro, sia nella versione originale (ricordiamo le straordinarie e indimenticabili voci di Dominic Armato per Guybrush, Alexandra Boyd per Elaine ed Earl Boen per LeChuck) che nella versione italiana. A questo proposito, vorrei ricordare che il doppiaggio italiano è stato commissionato da C.T.O. (azienda di distribuzione di videogiochi bolognese) al vicino Studio Florian, al quale LucasArts ha inviato i testi da doppiare “al nero”, avendo come solo riferimento alcuni sketch o immagini sulle quali adattare il tono o l'inflessione della voce: il risultato è stato comunque ottimo e davvero adeguato all'umorismo del videogioco.
Infelice ma comprensibile la scelta di LucasArts di eliminare da tutte le versioni europee, l'unico segmento cantato del gioco (sequenza tra l'altro interattiva), quello nel quale Guybrush e i suoi compagni pirati-barbieri, intonano le note di “A pirate i was meant to be”, giudicata non doppiabile e troppo lunga per meritare una traduzione in altri idiomi.

La Stand-Up Comedy di Guybrush & Co.

Nonostante la dipartita di Ron Gilbert, Dave Grossman e Tim Schafer (quest'ultimo ancora comunque dipendente LucasArts nel 1997), questo nuovo capitolo conserva l'esaltante ironia che ha sempre caratterizzato la saga di Monkey Island, regalando momenti di vera risata e di sagace umorismo, questa volta possibile e reso benissimo dalle espressioni dei personaggi e dalla modulazione vocale dei doppiatori. Non mancheranno sezioni del gioco dove la nuova resa grafica aumenterà molto la percezione di divertimento che il gioco vuole offrire (come dimenticare il momento con Guybrush e Murray nella cripta dei Goodsoup su Blood Island, nel quale i due si cimentano nel gioco delle “ombre cinesi” per spaventare il povero becchino e costringerlo ad aprire la porta della cripta stessa?).
A livello di giocabilità, ricordando sempre che non stiamo parlando di un'interactive novel, ma di un'avventura grafica punta-e-clicca, gli enigmi conservano la logica e relativa semplicità, al motto di “il giocatore non deve bloccarsi, nè essere costretto a cliccare ovunque per proseguire”. Inoltre, per la prima (e ultima) volta nella saga, avremo una vera e propria battaglia navale giocabile, nella quale potremo governare la nostra nave e tirare cannonate alle navi pirate nemiche, prima di sfidarle nel ritrovato duello ad insulti, innovato a sua volta perchè in rima (e anche qui si nota l'egregio lavoro di traduzione dall'inglese).
Il gioco non è lungo, non presenta sezioni particolarmente ostiche e risulta scorrevole e sempre piacevole, anche nei lunghi dialoghi che il nostro protagonista intavola con i numerosissimi personaggi secondari che popolano le isole caraibiche di Plunder Island, Blood Island, Skull Island e Monkey Island.

Blood Island in tutto il suo cal… Ehm, splendore!

Verso il futuro, con uno sguardo al passato…

Nel 1997, The Curse of Monkey Island si pone l'obiettivo di portare avanti la saga caraibica più irriverente della storia delle avventure grafiche, e lo fa con coraggio, a tutti gli effetti mostrando che è possibile dare una continuità ad un'idea, ad un concetto, innovandolo e migliorandolo, o come in questo caso stravolgendone completamente i canoni estetici. È stato ovvio fin da subito che queste scelte avrebbero creato detrattori, ma allo stesso tempo entusiasmato i tanti giocatori che hanno amato Monkey Island e che avrebbero continuato ad amarlo nonostante i cambiamenti, segni del tempo che passava, rimanendo ancorati all'eredità lasciata dai primi due capitoli, ma consapevoli che ormai essi appartenevano ad un passato tecnologicamente lontano, che avrebbe quindi necessitato un rinnovamento.
Nonostante tutto, The Curse of Monkey Island è un videogioco che non delude, che diverte ancora oggi, chi lo affronta per la prima volta, o chi lo rigioca per l'ennesima volta, cercando ancora oggi di trovare quei dettagli che rendono un'avventura grafica di elevato calibro, eternamente impressa nella memoria videoludica di tutti noi.

..E vissero per sempre felici e contenti (?)

Si ringrazia Damiano Gerli del blog e podcast “The Genesis Temple” per la cortese revisione di questa recensione e per gli spunti offerti dal suo articolo su Vice.


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