La Recensione Di
Tales of Monkey Island

Dopo 9 anni si ritorna nei Caraibi per affrontare una terribile maledizione... Ce la farà Guybrush anche questa volta, o sarà la sua ultima avventura?

Data di Uscita
  • 07 luglio 2009
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Pro


Finalmente il ritorno del punta e clicca! Grafica pulita e colorata Doppiaggio e colonna sonora sempre all'altezza

Contro


Trama "rimediata" e finale senza senso Leggermente sottotono rispetto ai predecessori Monkey Island.... Senza Monkey Island?
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Ritorno inaspettato

Nessuno se lo aspettava, eppure è successo. A distanza di 9 anni dall'uscita del semi-fallimentare Escape from Monkey Island, e la caduta di LucasArts, difficilmente ci si poteva aspettare il ritorno di Guybrush e soci. La allora Telltale Games (ora fallita anch'essa) era in stato di grazia, e stava portando alcune serie basate su titoli importanti nel panorama videoludico o cinematografico, come Sam & Max e Back to the Future. È per questo che la casa di sviluppo chiamò Dave Grossman, che ricordiamo essere stato uno dei principali creatori dei primi 2 capitoli, e Michael Stemmle, co-autore del quarto episodio, con la parziale collaborazione di Ron Gilbert, per modellare una nuova serie di 5 episodi su Monkey Island e sui suoi personaggi. Licenziata da LucasArts, Telltale Games decide di coinvolgere ancora Michael Land per la colonna sonora, Steve Purcell per la copertina del gioco, Derek Sakai (che già aveva collaborato con LucasArts come Concept Artist per The Curse of Monkey Island e ora principale Artist Director delle serie di Telltale Games) nonché tutti i doppiatori del terzo capitolo. Insomma, un cast corale di tutto rispetto che cerca di riprendere le redini di un franchise che sembrava ormai morto e sepolto, soprattutto perché di lì a poco i diritti di LucasArts sarebbero passati a Disney. Come vedremo, questi 5 nuovi episodi hanno tentato di portare giovamento e rinnovamento al brand, anche se terminata l'esperienza, rimangono non poche perplessità.

Il nostro piratesco protagonista su Flotsam Island

Sospensione dell'incredulità

Ci ritroviamo ad alcuni anni di distanza dagli eventi di Escape from Monkey Island, con Guybrush Threepwood intento a salvare (nuovamente) la sua amata consorte Elaine Marley dalle grinfie del malvagio pirata LeChuck, arcinemesi del nostro protagonista e ancora perdutamente innamorato di Elaine. Per sconfiggerlo, Guybrush deve acquisire i componenti di una spada, in una sorta di tutorial che ci spiega come utilizzare l'ambiente circostante e l'inventario. Una volta costruita la spada, essa viene usata per trafiggere LeChuck, ma nel farlo, una potente maledizione fuoriesce dal corpo di quest'ultimo, diffondendosi nelle isole circostanti, “avvelenando” la mano di Guybrush e, incredibilmente, trasformando lo stesso malvagio pirata nella sua versione umana per la prima volta. Il compito del nostro eroe è quindi quello di avventurarsi nelle nuove isole del Golfo di Melange per trovare un rimedio a questa maledizione che sta trasformando tutti i pirati in sanguinosi assassini e recuperare l'uso della sua mano, passando per narvali giganti, spugne enormi, processi penali, ritrovando inoltre alcuni personaggi di sempre (Stan, Murray, la Voodoo Lady) e accogliendo nuove personalità (Morgan LeFlay, giovane e bella piratessa adoratrice di Guybrush, il sedicente medico Marques De Singe, l'esploratore Coronado De Cava, e altri personaggi secondari che fanno da contorno alla trama).
La storia sembra ben raccontata e sviluppata, ed ogni capitolo porta con sé un obiettivo principale da raggiungere che trascina il giocatore verso quello successivo con scorrevolezza e continuità… Tuttavia, sorgono alcuni amletici dubbi che neanche il completamento del gioco riesce a risolvere, ma ne parlerò nell'ultima parte di questa recensione.

Il sedicente medico Marques De Singe alle prese con esperimenti macabri

Un passo avanti

Dal punto di vista meramente tecnico, abbiamo ben più di un passo avanti rispetto al capitolo del 2000, sia per quanto riguarda la grafica che per quanto riguarda soprattutto i comandi di gioco. Nella recensione di Escape from Monkey Island ho parlato del cattivo invecchiamento del 3D utilizzato, soprattutto per quanto riguarda le textures dei personaggi, e dell'indecente sistema di controlli da “carro armato” che ha fatto penare me e la maggior parte di coloro che hanno avuto il fegato di arrivare fino alla fine del gioco, che ha causato l'ondata di voti negativi per un titolo che avrebbe dovuto chiudere la saga nel migliore dei modi. Ebbene, reduci da questi passi falsi, i vari autori di questo nuovo capitolo hanno rimesso mano al sistema grafico (è pur vero che 9 anni sono tanti), che passa dal GrimE Engine al Telltale Tool, strumento utilizzato per tutte le avventure grafiche sviluppate da Telltale Games, che comunque ha richiesto l'utilizzo di animazioni fatte a mano per quanto riguarda la fisica, e l'implementazione di Maya per quanto riguarda il sistema di illuminazione. Il risultato è stato molto buono e all'altezza del titolo e della serie, che comunque deve risultare divertente e non prendersi troppo sul serio.
Del comparto audio possiamo dire ben poco, se non che continua ad essere il punto di eccellenza di tutta la saga, sia per quanto riguarda la colonna sonora, rimaneggiata e reinventata da Michael Land, sia per quanto riguarda il doppiaggio dei protagonisti, ancora di alto livello, e dei personaggi secondari, molto ben fatto.
Infine, direi a questo punto finalmente, possiamo parlare di un ritrovato sistema punta-e-clicca. Il sistema di puntamento tramite mouse e utilizzo e combinazione degli oggetti a schermo, nonché l'esplorazione dell'ambiente molto più reattiva e intuitiva, rende nuovamente piacevole portare Guybrush in giro per atolli ed isolotti a combattere il male e salvare persone. In questo caso, a differenza di The Curse of Monkey Island, non avremo diverse azioni da scegliere, ma solo una, e potremo spostare il personaggio tenendo premuto il tasto sinistro e muovendo il mouse, oppure tramite l'utilizzo delle frecce direzionali. La combinazione e l'utilizzo degli oggetti avviene tramite un menù laterale a scomparsa, facile da utilizzare.

Il movimento del personaggio è fluido e semplice rispetto al predecessore

La fine senza essere la fine?

Attenzione: questa parte di recensione contiene spoiler, quindi invito chiunque voglia godersi pienamente l'esperienza di questo titolo a non proseguire, saltando direttamente ai commenti finali.
La saga di Monkey Island, così come le avventure grafiche in generale, fa dello storytelling e della forte caratterizzazione dei suoi personaggi, i suoi punti di forza. Abbiamo imparato nel tempo, che questo tipo di videogiochi non ha necessariamente bisogno di un comparto tecnico avanzato per poter raccontare qualcosa di profondo e fornire al giocatore un'esperienza completa. Tuttavia un titolo che abbia anche una grafica piacevole, una buona longevità e un gameplay non frustrante, rappresenterebbe un plus che può solo fare bene al mercato videoludico e a quello delle avventure grafiche, che ha avuto una flessione dopo gli anni '90 e che sta trovando rinnovato vigore da qualche anno a questa parte, soprattutto con produzioni indie. Perché tutto questo discorso?
Perché alcune scelte fatte dal team di Telltale Games lasciano alquanto perplessi, riguardo quello che dopo tanti anni doveva essere il “canto del cigno” della saga non-Gilbertiana (passatemi il termine), che da The Curse of Monkey Island ha intrapreso una strada alternativa al modo in cui era stata originariamente pensata. Tanto per cominciare, nel quarto capitolo avevamo capito finalmente chi fosse questo Herman Toothrot, ma non abbiamo avuto alcun seguito a questa storia, anzi, di Herman Toothrot non si parla nemmeno in questo ultimo episodio della serie. Secondo punto: era necessario far fare un “face turn” (termine del Wrestling che indica il cambiamento di attitudine da “cattivo” a “buono”) a LeChuck, trasformandolo in umano, per poi tornare ad essere il cattivone di sempre, solamente negli ultimi momenti del gioco? Tra l'altro, un LeChuck che per buona parte del gioco non fa assolutamente nulla, ed è relegato al solo ruolo di “spalla” di Elaine, senza arte né parte. Poi… Il finale. Non dirò come finisce il gioco, ma quello che posso dire è che la cosa non ha assolutamente alcun senso: per 29 anni abbiamo avuto un personaggio importante che ha assunto un ruolo ben preciso nella storia, un consigliere fidato che ha guidato Guybrush e soci nelle sue avventure.. La domanda è: perché stravolgere completamente questo personaggio, farci pensare che dopo 4 lunghi capitoli e quasi 3 decenni, in realtà ha sempre avuto intenzioni malvagie quando poi sappiamo che non verrà dato seguito a questo plot twist?
Infine: dove diavolo è Monkey Island? Davvero si è voluto fare un gioco sulla saga di Monkey Island, senza mostrare l'iconica Isola delle Scimmie?
Sono domande a cui non vi sono risposte, e a cui probabilmente non ve ne saranno mai.

La Voodoo Lady in tutta la sua “voodoosità”

Quando si dice: NON chiudere un cerchio

Tales of Monkey Island è il tentativo coraggioso di riprendere in mano una saga leggendaria e darle una svolta conclusiva. Il risultato è ottimo da molti punti di vista, se prendiamo il titolo escludendo dei buchi di trama spaventosi. L'avventura in sé risulta molto piacevole da giocare, ritrovare alcuni dei grandi personaggi che ne hanno decretato il successo dà un calore al nostro cuore videoludico di giocatori di vecchia data, e gli amanti di questo genere troveranno un titolo abbastanza scorrevole e sempre divertente, anche se non sopra le righe come i precedenti capitoli. Tecnicamente al passo con i tempi, il gioco si porta avanti fluidamente fino alla fine, che però lascia sgomento chiunque conosca la saga, e con un pugno di mosche chiunque non la conosca, perché non chiude alcun cerchio, né per i primi, né per i secondi.
Se vi state chiedendo se sia quindi necessario giocarlo, prima che esca il fatidico nuovo episodio firmato Ron Gilbert (che ricordo, riprenderà la saga dalla fine del secondo capitolo), la risposta è quindi: no. Non arricchisce nulla e non porta nuove sotto-trame che potrebbero interessare il videogiocatore appassionato che aspettava la risoluzione di alcune situazioni lasciate in sospeso in passato.
Lo consiglio, però, perché garantisce circa 20 ore di divertimento, in compagnia dei pirateschi protagonisti che per oltre 30 anni ci hanno accompagnato nelle nostre serate all'insegna del genere punta-e-clicca.

Alcuni dei protagonisti della serie, tra vecchi e nuovi personaggi

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