La Recensione Di
Daymare: 1998

Daymare: 1998 è un survival horror di stampo classico, consigliato agli amanti del genere e, vista la difficoltà, a chi cerca la sfida.

Data di Uscita
  • 17 settembre 2019
Pubblicato Da
Sviluppato Da
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Giocato Su
Generi

Pro


Colonna sonora da brivido Trama ambientale Presenza puzzle old school

Contro


Grafica delle animazioni Battle System troppo farraginoso Mancanza di combattimento corpo a corpo
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Daymare: 1998, le origini!

 

Daymare: 1998, un gioco survival horror in terza persona sviluppato dal team italiano Invader Studios, ha alle sue spalle una storia molto interessante. Inizialmente fu infatti concepito come Resident Evil 2 Reborn, un remake amatoriale del famoso titolo Capcom, ma a seguito del clamore generato da un suo trailer, (diventato subito virale) il team ricevette una chiamata ed un invito da parte della Capcom a Osaka. A seguito di quella visita i lavori su questo titolo amatoriale si interruppero e dopo poco la Capcom annunciò l'uscita di Resident evil 2 Remake. Su suggerimento della stessa però, i ragazzi degli Invader Studios crearono dalle ceneri di quel progetto una nuova IP: Daymare: 1998.

Adesso che abbiamo contestualizzato la nascita di questo gioco andiamo ad analizzarne le caratteristiche.

 

Comparto grafico & sonoro

 

Daymare è un titolo che, seppur derivato, ha una trama originale e profonda che narra le vicende di tre protagonisti: due membri delle unità speciali H.A.D.E.S. (Hexacore Advanced Division for Extraction and Search) ed un guardia boschi con un passato drammatico. Attenzione però: per godere appieno di tutti I risvolti della storia, bisogna esplorare attentamente la mappa di gioco. 

Visto l'accenno all'esplorazione ambientale, colgo l'occasione per parlare del comparto grafico e sonoro. Se da una parte il level design ed in generale gli ambienti di gioco sono molto dettagliati e adatti ad un horror game, dobbiamo notare come l'eccessivo uso di luci crei una patina lucida specialmente sui personaggi che li rende in qualche maniera non integrati appieno con l'ambiente. Parlando poi dei filmati (e ce ne sono svariati) quello che colpisce è la limitata mimica facciale dei personaggi. Se il comparto grafico non è esaltante, fortunatamente quello sonoro e musicale è perfettamente adatto alla sensazione di claustrofobia durante tutto il gioco, fasi nella cittadina incluse. Ciò ci restituirà la sensazione che il pericolo sia sempre dietro l'angolo e che non siamo mai soli.

Meravigliosa sensazione claustrofobica all'aperto 

Gameplay 

Analizziamo ora il gameplay del titolo: fatta eccezione per alcune concitate fasi di combattimento, Daymare: 1998 è un survival horror molto ragionato e dai ritmi lenti, il che, considerando la necessità esplorativo-narrativa e la presenza di numerosi (e ben inseriti) puzzle, è logicamente un bene. Il resto del gameplay rispecchia i classici del genere con, tra le atre cose, un menù che azioneremo tramite un dispositivo posto sul braccio, dove creare mix, ricaricare, controllare la mappa e gestire l'inventario.

Menù del computer/inventario da braccio 

Un gradito ritorno alle origini? Non completamente (purtroppo). Nelle  fasi di combattimento abbiamo infatti una novità: dopo aver terminato i proiettili dentro un caricatore, se procederemo con la ricarica rapida, lo stesso verrà espulso dall'arma e sostituito con quello successivo. Novità interessante, ma alquanto limitante, soprattutto nelle fasi frenetiche in cui abbiamo più nemici che ci si scagliano contro. I caricatori infatti devono essere riempiti per poter essere utilizzati quindi, terminati quelli a disposizione, dovremo raccogliere quelli vuoti da terra, inserire i proiettili e poi ricaricare l'arma. A complicare ulteriormente e, quindi, a rendere tattica la gestione degli scontri, c'è anche la mancanza sia di armi bianche che di granate o esplosivi. Insomma agli scontri ci dobbiamo andare preparati!

Andare in corpo a corpo non previene la morte.

 

Conclusioni & considerazioni 

 

Bon, è giunto il momento delle conclusioni. Parlando di Daymare: 1998  non si può non lodare il lavoro e la passione profusa nel gioco da parte del team di sviluppo, Invader Studios. Come Opera Prima dello studio e venendo da uno sviluppo di genere amatoriale, il lavoro fatto risulta enorme, anche se in alcuni  aspetti del gameplay ed anche nelle animazioni risulta evidente la mancanza di esperienza. Si è avuta altresì la percezione che alcuni elementi di gioco siano stati implementati in maniera forzata o introdotti in fase avanzata di sviluppo, senza  però tener conto di quelli già presenti. 

Nel complesso però l'esperienza di gioco è divertente, specialmente grazie alla trama e ad una esplorazione ambientale coerenti fra loro,  accompagnate oltretutto da un convincente comparto sonoro che lascia sempre in tensione il giocatore rendendo l'esperienza parecchio immersiva. 

 

 

 


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