La Recensione Di
God of War Ragnarök

Il ritorno del nostro pelatone barbuto: Kratos e Atreus sono pronti a fare a fette chiunque, come Santa Monica Studio vuole.

Data di Uscita
  • 09 novembre 2022
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Pro


MUCH more of the same, Ragnarok è più bello, più grande, più tutto! Una storia più trascinante ed emotivamente coinvolgente del primo capitolo Direzione artistica, adattamento dialoghi, doppiaggio e recitazione IMPECCABILI

Contro


L'epilogo è troppo frettoloso Back tracking "completo" disponibile troppo a ridosso dell'epilogo Alcune missioni opzionali avrebbero dovuto essere incluse nella trama principale
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È arrivato il momento della recensione di God of War: Ragnarők, a distanza di quattro anni dall'uscita del sequel-reboot della saga di God of War, opera della casa sviluppatrice Santa Monica Studio. La sua è un'eredità importante, nella realizzazione di un sequel la regola è “alzare l'asticella e mai sbagliare”, ma questo concetto l'hanno interiorizzato con seria decisione. 

Sempre più incalzante questo plot!

La storia dietro God of War: Ragnarők inizia circa 3 anni dopo la fine del primo capitolo: il Fimbulwinter è arrivato e Atreus, durante la sua crescita, ha approfondito le origini della sua stirpe, venendo a conoscenza di Tyr, il Dio della Guerra della mitologia norrena, grosso punto di svolta per la trama da questo punto in poi, come diversi gameplay trailer hanno mostrato. 
Da qui in poi i temi si fanno sempre più elevati e i ritmi serrati, ogni azione dei protagonisti è motivata, sospinta da un aggancio di trama e da un retropensiero che viene fuori dagli sguardi, dai discorsi e dalle cose non dette (forte traino per la storia, mai banale).

Uno sguardo vale più di mille parole

La narrazione è a dir poco sublime. In ogni scena, dialogo o ambientazione è possibile riscontrare un'atmosfera tremendamente solenne e riuscirete ad avvertire il costante peso delle responsabilità in capo ai protagonisti della vicenda: siamo a ridosso del Ragnarök, ogni divinità affila le sue lame mentre il valoroso duo va incontro all'inesorabile profezia scoperta al termine del primo capitolo della saga norrena. Kratos e Atreus proseguono il loro cammino tentando di manipolare i fili del destino, in parte assecondandoli e facendosi guidare dagli eventi, dall'altra prendendo decisioni drastiche nella speranza di alterare la loro sorte. Per gli affezionati del genere hack'n'slash, God of War è assolutamente un must-have e possiamo asserire lo stesso per la sua seconda iterazione.

Padre e Figlio, pace e guerra…

Le tematiche trattate sono altisonanti e non rientrano nelle solite sette note: il destino e la scelta, l'amore paterno, la genitorialità e le implicazioni dell'essere un genitore, con particolare accento sulla natura delle cose e non sulla loro forma. Su quanto un padre possa apprendere dal figlio, mostrandoci scena dopo scena che l'educazione e l'istruzione non sono processi unilaterali e dettati rigorosamente dall'esperienza, bensì anche dalla conoscenza e dall'ascolto reciproco. A scombinare il precario equilibrio tra i due protagonisti è la visita inaspettata di uno dei cardini della mitologia in cui l'opera è ambientata, mentre il gelo del Fimbulwinter altera drasticamente l'ecosistema di Midgard e dei restanti regni.

Il Fimbulwinter imperversa. 

Altri mille modi di uccidere

Gameplay ricco e parecchio variegato, c'è tanta innovazione e carne al fuoco ma i perché risiedono in una mandria di spoiler. Dopo metà gioco, quasi ogni boss-fight dà la stessa sensazione adrenalinica che donavano le valchirie del gioco precedente, il tutto condito con un bestiario (rinnovato e ampliato rispetto al precedente capitolo) pronto a scatenare la sua furia proprio nei momenti in cui la storia sembra prendere una piega più “dolce”.

Quello che troviamo meraviglioso (ma sarà sicuramente futile agli occhi di molti lettori) è l'attenzione e la cura maniacale nella gestione delle impostazioni di accessibilità. Il gioco ne presenta così tante da poter garantire un'esperienza di gioco COMPLETA a TUTTI; ciò denota il forte desiderio di estendere un bacino di utenza che troppo spesso è stato escluso da giochi del genere, complice la forte reattività che esigono i combattimenti o i quick-time event.

Combo, combo ovunque e come se piovessero.

Per coloro che hanno goduto del combat system del primo capitolo ci sono poche ma interessanti novità: la possibilità di infondere l'arma con l'elemento ad essa associato (Gelo per la Leviatano, Fuoco per le Lame del Caos e… giocate il titolo per scoprire il resto!), nuove combo, rami abilità più ampi e variegati che incentivano il perfezionamento del proprio stile di combattimento in un crescendo di azioni spettacolari e ricche di effetti (a volte anche troppo).

La pletora di combinazioni di tasti è disarmante, le combo spettacolari, a cui il titolo nelle sue iterazioni durante la Mitologia Greca ci ha abituati, tornano più che mai ma solo se si gode di buoni riflessi e padronanza delle mosse. 
Discorso diverso per il parry e la sua finestra piuttosto larga, che consente parate perfette con poco sforzo, contribuendo all'innalzamento del contatore delle combo.
In questo capitolo abbiamo una rinnovata intelligenza artificiale, molto più responsiva e attenta nelle mosse: tutti i comprimari coinvolti in combattimento risultano molto più utili in questo titolo di quanto non facesse Atreus nel precedente, attaccando in autonomia alcuni bersagli feriti o afflitti da uno status elementale; in particolare le tecniche degli alleati consentono di stordire i nemici, aprendo alla possibilità di uccisioni istantanee e violente che restituiscono all'occhio la vera furia del Fantasma di Sparta.  

In aggiunta alla varietà di mosse, tecniche e incantesimi runici a disposizione, Santa Monica ha voluto inserire nel nuovo God of War (già dal 2018) un sistema parametrico di statistiche: forza, vitalità, difesa, runico e così via, contribuiscono alla costruzione di Kratos, che si equipaggerà di diversi pezzi di armi e armatura che aumenteranno questa o quella statistica. L'impianto GDR si sposa sicuramente con l'ambientazione del gioco ma forse non con il genere hack'n'slash che è sempre più stato orientato alla combinazione di tasti che alla parametria, specie dal momento in cui il sistema di statistiche sembra più funzionale nelle prime fasi di gioco, perdendo di mordente avanzando nella trama principale. 
Ottima, però, la feature che consente di selezionare automaticamente la statistica che l'equipaggiamento deve potenziare, liberando noi, poco amanti dei numeri, dall'ingrato compito di farlo. 

La furia di Kratos.

Gli occhi di Odino… godono!

Il gioco offre costantemente, in ogni inquadratura, una qualità tecnica elevatissima, dagli effetti particellari, alle ombre, con una profondità di campo spiazzante, che consente di vedere intere sezioni di mappa a metri e metri di distanza senza mai prestare il fianco a un calo di frame o a una sporcatura dell'immagine. 
Intendiamoci, il titolo è pensato per essere “Il miglior titolo per PS4”, citando le parole di Cory Barlog in persona, quindi abbiamo sicuramente il 4K a 30fps stabili oppure la modalità performance a 60fps GRANITICI, complice anche il level design che maschera sapientemente i caricamenti e gli elementi a schermo inutili: giusto per dare un'idea, ogni volta che entrate in un cunicolo, attraversate una fessura, viaggiate tra i mondi attraverso Yggdrasil, sappiate che il gioco sta caricando le risorse della sezione successiva, l'avreste mai detto?

Che tecnica!

Le ambientazioni, i materiali che indossano i personaggi, gli elementi naturali, quelli artificiali e arcani sono tutti resi con dovizia di particolari, sembra quasi che si sia sviluppato a budget illimitato: impensabile ai tempi di oggi e con la fretta con cui escono i giochi (e poi rinviati) mantenere un titolo da 45-50 ore e tantissimi contenuti extra rispetto alla campagna principale, con quella qualità e quella quantità di elementi per tutto il titolo.
Una possibile motivazione che si può dare a questa purezza tecnica è il forte riuso di alcuni asset e modelli dal vecchio capitolo (che giustamente non devono essere sviluppati da capo) oltre al sintomatico avanzare delle tecnologie e tecniche di sviluppo. A dispetto di quanto detto finora, ciò che brilla meno nel mare magnum della tecnica è proprio l'integrazione col DualSense su PS5, dimenticabile e poco influente sull'esperienza di gioco già dopo le prime 3-4 ore di gameplay.

Uno screenshot che immortala una delle tante meravigliose ambientazioni.

Qualità a dispetto della brevità

La direzione artistica di Ragnarők ha alzato ancora di più gli standard in termini di recitazione, dialoghi e sceneggiatura che raggiungono in questo titolo altissimi livelli: menzione d'onore per le espressioni facciali che restituiscono ogni emozione e intenzione, sia da parte dei personaggi coinvolti nel dialogo in primo piano, sia da quelli sullo sfondo che reagiscono coerentemente con l'azione. 
Rimanendo in tema, sapete che è stato “girato” interamente in piano sequenza? Per coloro che non sanno di cosa si tratti, possiamo dire che è una tecnica utilizzata nel cinema e che riprende una scena senza tagli
L'intero titolo è fatto in questo modo, dando l'impressione che l'azione sia continua, spostando l'attenzione su un dato evento con un sapiente movimento di macchina dalla spalla di Kratos o seguendo un personaggio alle sue spalle: tutto si muove affinché la narrazione sia fluida. 
Se da un lato questa tecnica serve a mostrare i muscoli della produzione e a rendere la narrazione omogenea e meno sincopata, dall'altra limita di gran lunga il giocatore che non può assolutamente saltare nessuna scena durante tutta la campagna principale, e avendo di fronte a noi un'opera (o due fuse insieme) della durata di circa 40 ore solo per la trama principale, possiamo affermare con certezza che il gioco non sia assolutamente rigiocabile. Attenzione non è impossibile da rigiocare, solo che è complicato tirare avanti altre 40 ore di trama già conoscendo l'epilogo della storia e senza il traino della curiosità della prima run. 

Novità di questo titolo sono le “passeggiate narrative”: sono delle vere e proprio passeggiate per i regni, che fanno da incipit o intermezzo alla main quest, dove Mimir e compagni chiacchierano a proposito delle vicende legate alla mitologia, informandoci degli avvenimenti cardine legati a quello che di lì a poco succederà o a vicende che sono utili alla comprensione della lore di Ragnarők in generale. Queste passeggiate sono spesso intervallate da piccoli combattimenti o enigmi ambientali da risolvere per passare alla fase successiva, concatenando azione e informazione che narrativamente fanno il loro mestiere egregiamente. Chiariamoci, non è una nuova meccanica di gioco, bensì un espediente narrativo che ben presto scopre il fianco a un problema. 

Chiudi il tuo cuore…

…Ai piccoli difetti che il titolo porta con sé a causa della sua vastità.

Stando a quanto dichiarato dagli sviluppatori, si è discusso a lungo della possibilità di produrre il nuovo God of War in due capitoli separati oppure in un unico titolo sotto il nome di God Of War: Ragnarok. Possiamo supporre che questa scelta sia legata ai potenziali elevati costi di produzione ma anche ai tempi di sviluppo e quindi, probabilmente, avremmo visto la fine della trilogia nell'arco di un decennio, stando ai tempi odierni dell'industria videoludica. 
Il primo problema a cui ci troviamo di fronte è proprio frutto dell'unione di God of War 5 e God of War 6 in Ragnarők: il finale del gioco sembra piuttosto frettoloso, dando per scontato alcune relazioni che andavano approfondite e alcuni personaggi a cui forse andava dedicato più spazio; questo è in controtendenza rispetto a quanto si vede in tutta la prima parte del gioco dove nulla è lasciato al caso e tutto viene approfondito con la giusta cura e attenzione. 

A questo si aggiunge un problema con la gestione dei contenuti opzionali: innanzitutto ci sono alcune quest secondarie (non vi diremo quali, per evitare spoiler) che avrebbero meritato un posto nella trama principale per quanto sono complesse, delicate e ben scritte, una su tutte rappresenta forse uno dei punti più alti dell'intero titolo e viene addirittura relegata al post-game.

Andando avanti, riscontriamo un problema che Santa Monica sembra aver trascurato già nel precedente capitolo: i viaggi rapidi tra i rami di Yggdrasil attraverso i portali, ancora troppo vicini (o in certi casi troppo lontani) tra loro, costringendo a intere sessioni di camminata in territori vuoti prima di raggiungere il collezionabile che abbiamo mancato la volta precedente. 
Ricordate le passeggiate narrative di poco fa? Bene, una volta che Kratos, Mimir e Atreus non avranno più niente da dirsi di correlato a quel tratto di mappa, beh…Non diranno assolutamente niente! E quindi le scarpinate per i nove regni saranno accompagnate solo dal suono dei nostri passi e dal sottofondo ambientale.

Questo si lega a doppio filo con un'altra criticità, ovvero il back tracking: questa attività è completabile solo quando “avrai sbloccato tutti i potenziamenti che questo mondo ha da offrire” (immaginate che sia proprio il gioco a dirvelo, è molto chiaro in questo!). Purtroppo si ha la possibilità di completare il gioco al (quasi) 100% proprio al climax della trama. E allora che si fa? Si sacrifica la tensione creata e si corre indietro a collezionare oggetti e potenziamenti, o rimaniamo fedeli alla storia e ce la sbrighiamo dopo? 
La risposta non è semplice, ma quello che vi consigliamo di fare è di programmare un giro nei Nove Regni per scoprire se avete accesso a qualche nuova area, in modo da non trascinarvi ore e ore di completismo al termine del gioco quando ormai potrebbe essere quasi superfluo. Molto utili le parole dei comprimari che di fronte ad un enigma a cui non siamo preparati liquideranno la questione con un ”Non siamo pronti per questo, non abbiamo l'equipaggiamento necessario".

È così suggestivo!

Apri il tuo cuore!

A conclusione di questa analisi c'è solo una cosa da dire: God Of War Ragnarők è il sequel che tutti meritiamo dopo quattro anni di attesa, è un titolo completo, longevo, tecnicamente perfetto e incredibilmente bello da vedere e da giocare.
Dopo profonda discussione SkySoul, Appiali e Malacant decidono di promuoverlo con 10, per le emozioni, l'intrattenimento, la bellezza che questo titolo ha saputo donarci grazie agli sforzi di Santa Monica che ha condensato dedizione e cura nei 100GB di installazione, che speriamo trovino posto nella vostra Playstation e anche un po' nel vostro cuore, così come ha fatto con noi.

Più ne togli, più diventa grande” - Anonimo


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